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Basicò (Messina)
 
 
 
 
 

 

 

   Un tranquillo borgo medioevale, una splendida vista sul mare, e tutt'attorno una viva memoria storica, tramandata per secoli e rimasta impressa nell'andamento tortuoso dei vicoli, delle piazzatte, dei quartieri che portano nomi francesi come ai tempi degli Angio'.


   Basico', senza dubbio, e' un luogo in cui il tempo acquista una dimensione particolare, giocata attraverso la trama fitta di continui rimandi che rimbalzano dal Medioevo al Settecento, all'antichita' preellenica.

 
   Le parole sono pietre? A volte e' vero anche l'opposto: le pietre, alcune pietre, parlano. E riescono a svelare, piu' di tanti libri, il senso profondo degli eventi di cui la Sicilia e’ stata teatro, il piu’ delle volte suo malgrado.


   Ma le pietre, specie le piu’ loquaci, bisogna lasciarle raccontare. Cercarle, liberarle, e starle ad ascoltare. Da queste parti, poi, sembra quasi che non aspettino altro. Ecco perche’ non dovete lasciarvi ingannare dall’aspetto quieto, placido della generosa terra di Basico’. 

   Sotto la scorza ruvida dei conci medievali, sotto le robuste fondamenta delle residenza aristocratiche, le pietre custodiscono un’altra storia, gia’ vecchia e dimenticata molto prima che sbarcassero i primi Normanni.


   Cercatela, questa verita’ che freme sotto i palazzi, i casolari di campagna, le fontane. Lo hanno detto in tanti: un paio di metri sotto il livello del selciato che state calpestando proprio ora, mentre entrate in questa cittadina solare ed ospitale, circondata dal verde, si cela la soluzione di un mistero. Un mistero archeologico tra i piu’ fitti in Sicilia.

 

   ABACENA, PER COMINCIARE...

 

   Due sono le ipotesi che si contendono il favore degli storici, circa l’origine di Basico’. La prima fa risalire la formazione del borgo, con un lento processo di sviluppo tipico degli agglomerati rustici, dai preesistenti casali sparsi sul territorio. La seconda accredita l’origine dell’abitato alla presenza di una comunita’ basiliana e ad un monastero, gia’ intorno al 1150.


   La prima teoria e’ quella che convince di piu’. Soprattutto perche’ consente di riallacciarsi all’esperienza della fiorente citta’ di Abacena, legata nelle sue vicende a nomi come quello del mitico re Ducezio e ancora dei tiranni siracusani Dionigi e Gerone II.


   Della leggendaria roccaforte sicula, che si pensa dovette essere fondata intorno al 1100 a.C. su delle alture strategiche, almeno stando alla derivazione del nome del punico Abac, ossia elevare, sappiamo molto poco. E il poco che sappiamo, vale a dire il groviglio di alleanze, battaglie, vittorie e sconfitte tra cui l’ultima e definitiva, ad opera di Cesare Ottaviano verso il 36 a.C., non riesce a rispondere alla domanda fondamentale: dove?

 

   Dove andare a scavare per riportare alla luce Abacena?


   Cio’ che gli storici antichi tramandano e’ solo l’area entro cui ne erano compresi i confini, ma in quale sito esattamente sono sepolte le sue vestigia? E a partire da questo punto fondamentale che gli archeologi hanno iniziato a perdere il sonno. Vero e’ che in molti, a partire da Fazello, si sono detti concordi nell’attestare Abacena sotto le mura del castello di Tripi. Ma la soluzione proposta forse e’ solo una mezza verita’. Infatti, le evidenze archeologiche rinvenute hanno confermato che sono troppe e troppo evidenti le analogie fra glia attuali territori di Novara di Sicilia, Tripi, Furnari, Montalbano Elicona e Basico’, perche’ cio’ non dimostri una matrice comune. Ossia l’eguale derivazione dalla civilta’ abacenina.

   In che senso? Nel senso che dobbiamo considerare Abacena non tanto come un’unica citta’ strettamente circoscritta, ma piuttosto come un territorio con un sistema organico di piccoli agglomerati urbani ravvicinati, sul modello delle piu’ antiche e celebri citta’ greche organizzate in “ demi “, o di quelle latine.


   Che Abacena dovesse essere costituita da tante frazioni si puo’ dedurre da considerazioni strategiche e topografiche, suffragate anche dalle importanti scoperte avvenute proprio nell’attuale territorio di Basico’ che, pertanto, fu anch’esso a pieno titolo Abacena.

 

  Basico’ ha un nome aristocratico. Rimanda al greco Basilikòn, tempio o cappella regale e, come suggeriscono gli storici, fu probabilmente scelto dai Re di Sicilia.


   Quel che i sovrani medioevali non potevano sapere e’ che questa parte di Sicilia presenta delle straordinarie attestazioni preistoriche. Capaci di rischiare per un istante il buio fitto dei secoli piu’ lontani. Undicimila primavere conta, per esempio, l’ignoto scheletro femminile rinvenuto nella grotta di S. Teodoro, ad Acquedolci, sulla costa tirrenica. Gli studiosi, che hanno salutato con entusiasmo lo straordinario ritrovamento, l’hanno battezzata Thea. Sara’ forse meno fotografata della piu’ celebre “ collega “ preistorica Lucy, eppure anch’essa avrebbe tanto da raccontarci.


   E molto, forse, potrebbe dirci su cio’che ha preceduto le numerose stazioni pre e protostoriche di cui e’ ricco il territorio di Basico’.


   Gia’ tra la meta’ e la fine degli anni settanta si sono susseguiti sul territorio diversi ritrovamenti di contrappesi di telaio in argilla, alcuni dei quali sommariamente decorati a incisione. Ne diedero conto fra gli altri anche Luigi Barnabo’ Brea e Madeleine Cavalier, infaticabili ricercatori delle piu’ remote testimonianza archeologiche della “ Sicilia prima dei Greci “.


   Cio’ di cui gli studiosi si accorsero subito era che si trattava delle tracce piu’ superficiali di alcune stazioni molto antiche, risalenti al medio e tardo neolitico, ossia al periodo compreso tra la fine del IV e la meta’ del III millennio. I reperti di Monte Pito e Quattrofinaite, in gran parte industria litica e resti ceramici, testimoniano il contatto con le coeve culture oliane, mentre il fatto che si sia trovato molto materiale di risulta e pochi utensili ha fatto pensare ad una frequentazione solo stagionale.


   Maldestri scopritori occasionali e tombaroli senza scrupoli hanno invece distrutto per sempre vari resti di tombe a incinerazione, rinvenute a Quattrofinaite e Badiazza, sempre nel territorio basicotano, mentre in contrada Fontana Fondaco esistono tracce murarie di un insediamento di eta’ romano-bizantina.

 

   La svolta giunge quando dalle alture dei Nebrodi i suoi abitanti poterono assistere ai primi sbarchi normanni, approdati sulla costa tra Capo Tindari e Capèo Milazzo nella seconda meta’ del Mille. Le tracce lasciate nel comprensorio dal predominio degli Altavilla non si contano, e cio’ giustifica il fatto che il Demone sia stato giustamente definito come il piu’ normanno dei tre Valli siciliani.


   L’interno e la fascia litoranea vengono collegati da una costellazione di torri e fortezze che presidiano le alture, mentre qua e la’ spuntano nuovi monasteri, poli produttivi di spicco nella scarsa economia medievale, controllati dalle nuove famiglie emergenti.


   In questo scenario sorge a Basico’ per volere reale, un convento di Clarisse, Santa Mara di Basico’, retto da nobilissime dame fra le quali anche alcune parenti di Federico II.


   La sconfitta degli Svevi, l’avvento degli Angioini e la lotta con gli Aragonesi segnano il tramonto del casale Basico’ e del suo convento, che subisce il saccheggio.

 
   Le monache scampate all’attacco riparano a Rometta e poi a Messina ( i cui monasteri conservano il nome di Basico’ ), ma Basico’ ormai non esiste piu’. Ribattezzato Casalnuovo, entra in una lunghissima stagione feudale che vedra’ il dominio delle famiglie dei Lancia (1350-1352), dei Ma rullo (1539-1541), ancora dei Lancia con i Saccano (1554-1647), dei Naselli (1648-1773), e dei De Maria ( dal 1776), ultimi baroni che persero i diritti feudali nel 1812 con l’abolizione delle baronie in Sicilia.


   Bisognera’ attendere il 1860 perche’ il vetusto feudo diventi Comune d’Italia. I tempi sono maturi per il ritorno alle origini, all’antico a mai dimenticato nome di Basico’.

 

   MONUMENTI E ....ANGOLI DI VAL DEMONE FRA I PIU' INTRIGANTI E MISTERIOSI DI SICILIA

   Cripte Basiliane ( XII secolo ): visibili dall'alto grazie ad una vetrata posta a protezione delle stesse in piazza Santa Maria.Resti del settecentesco Monastero dei Padri Basiliani, lungo la via Roma


   Il Castello De Maria (cinquecento): rappresenta il classico baglio siciliano, una costruzione di chiara ascendenza araba in cui si trovano coniugati l'aspetto difensivo e quello economico-produttivo propri della residenza feudale. Sui quattro lati del baglio, disposti attorno ad un'ampia corte centrale, si trovano le ali riservate rispettivamente al signore ed al suo seguito, al personale di servizio, agricolo e militare, ed infine alle stalle e ai magazzini. 

   Palazzo Foti ( settecento ): sorge su un piu' antico complesso quattrocentesco, di cui sono ancora visibili alcuni archi ad ogiva, e fu sede del governatore e dei baroni Foti. Costruito in stile barocco liparoto alla fine del settecento, mostra un bel portale d'ingresso.

   Vasca abbeveratoio Santa Maria ( 1894 )


   Fontane antiche sparse in altrettanti quartieri ed ognuna con sorgenti proprie: "Taraveddu", "Carruggiotto", "Tri carruggi"


   Fonti Padedda e Carruggeddu situate fuori dal centro abitato


  Borgo San Giovanni Galice ( XVIII secolo ): appartenuto ai De Maria, rappresenta la tipica residenza di campagna del signore siciliano, con il casolare e l'annessa cappella.

Fonte: Amministrazione comunale

 
 
Provola basicotana
 
 
 

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