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Ferla (Siracusa)
 
 
 
 
 
 

 

 

   Il toponimo "Ferla" per quanto antico è stato adottato nel Medioevo, l'attuale abitato si costituì infatti per addensamento attorno ad una modesta Turris Lapidea eretta verosimilmente dai "Lombardi" migrati a Ferla da Piazza Armerina in epoca normanna. Il piccolo borgo attorno alla piccola fortezza era caratterizzato da un complesso di case-grotta e da un intricato sistema di vicoli e stradine. La tradizione, ancora non dimostrata, vuole che le grotte furono abitate da una imprecisata comunità islamica che si sarebbe sovrapposta alla precedente popolazione. La contrada fu probabilmente abitata in epoca greca e romana; durante la tarda antichità e per tutta l'età bizantina il territorio di Ferla fu intensamente abitato da comunità dedite all'agricoltura e soprattutto all'allevamento.

 

   Tra gli abitati più interessanti di questo periodo storico ricordiamo l'abitato di Giarranauti e i complessi rupestri di San Sisto e San Martino. Ad epoca paleocristiana si datano alcuni complessi cimiteriali noti alla comunità scientifica per aver restituito alcune epigrafi sepolcrali tra cui quella del diacono "Dionisio". Nelle immediate vicinanze dell'abito si conservano sulla sommità di una alpestre cocuzzolo le rovine del "Castello" da alcuni studiosi del passato identificato con il cosiddetto "Castel di Lega" citato da Tucidide.

 

   La presenza di una comunità cristiana tra il II e il III secolo d.C, il rinvenimento di iscrizioni sepolcrali in greco all'interno dei complessi cimiteriali confermano il ripopolamento di tutto il territorio alla fine del mondo antico. La guerra gotica, le invasioni vandaliche e verosimilmente il diffondersi della peste causarono viceversa l'abbandono dei villaggi e il ricostituirsi della "silva". Per comprendere la genesi dell'attuale abitato di Ferla è utile ricordare che dentro la chiesa di San Giacomo e di San Sebastiano le ricerche di profondità hanno messo in luce alcune sepolture a loggetta che confermano l'esistenza di un'ampia area cimiteriale coincidente in parte con l'attuale piazzale. Il toponimo "Rigoria" secondo l'autorevole parere di alcuni studiosi richiama infatti lo spazio destinato alle sepolture pubbliche. Nulla di certo sappiamo di ciò che avvenne a Ferla durante il periodo arabo, certo è che con i Normanni il territorio di Ferla venne a far parte della baronia di Goffredo, figlio del conte Ruggero, e in questo periodo il centro urbano fu ampliato e delineato come città ed è forse da tale momento storico che assunse la denominazione attuale.

 

   In seguito passò ai Pallavicino e quindi ad altre famiglie nobili di Sicilia. Nel 1625 divenne marchesato e passò a Giuseppe Rau e Grimaldi da Noto. I diritti baronali si estinsero con Francesco Tarallo Borgia.

 

   Per quanto riguarda la composizione urbana c'è da dire che Ferla, prima del terremoto del 1693, doveva avere un impianto planimetricamente irrazionale perché condizionato dalla notevole accidentalità del suolo su cui sorgeva l'abitato. Il paese si sviluppava sul piccolo pianoro che si estende dalla Matrice al Carmine e poi da qui scendeva seguendo le pareti scoscese che conducono a valle, in contrada “Ronco”. Il terremoto, cancellò per intero la cittadina medievale comportando la perdita di 800 abitanti. Da quella data in poi il centro abitato fu costruito più a Nord, da quello antico fu ripreso solo la parte in piano e quella ruotante intorno alla chiesa Madre e alla chiesa di San Sebastiano. Nelle zone scoscese, come è ancora oggi evidente grazie alla conservazione di un ampio complesso di ruderi a sud del quartiere Castelverde, l'architettura non fu più ricostruita a scopo abitativo anzi, in alcuni casi fu usata per ricavarne degli orti e delle stalle.

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 

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