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È sorprendente come percorsi diversi,
fonti diverse e tempi diversi possano intersecarsi e poi coincidere
su ogni aspetto culturale e critico. Testi diversi a volte anche
dello stesso autore, scoperte recenti che confermano ipotesi
ignorate mi fanno ritrovare con Enrico Caltagirone in uno dei
suoi più recenti libri. Con la mia narrativa di ambientazione
preistorica, protostorica e poi storica ripercorro le tracce a
ritroso lasciate da questi popoli di cui scrive Enrico. Lo
faccio con la mia storyteller Siculina la quale vive le sue
avventure nei tempi, nei luoghi e negli eventi che hanno portato
queste tribù, comunità nomadi o popoli in Italia e poi in
Sicilia; in sette libri il viaggio è quasi compiuto. Rosario
Rigano
.
Sicani,
Elimi, Siculi
Origini, lingua, traduzioni
Partendo da una ricerca squisitamente linguistica, nel tempo
la mia attenzione si è spostata su aspetti antropologici e
storici. La lingua proto-indoeuropea parlata da alcune
popolazioni, in particolare Siculi ed Etruschi, mi ha permesso
di comprendere e seguire il movimento di quelle genti che dal
lontano oriente si sono spostate verso occidente. In questo
lavoro ho avuto la collaborazione di antropologi, archeologi e
archeoastronomi, molti dei quali sono miei amici, per uno studio
che quindi risulta multidisciplinare.
Partiamo dalla ricerca archeologica più accreditata e
attendibile. Lo studioso moderno che per primo ha deciso di
controllare attraverso la ricerca archeologica la veridicità
delle fonti letterarie e della storiografia antica, è stato
Paolo Orsi, che dal 1889 al 1895 ha eseguito numerosissime
campagne archeologiche in Sicilia, ponendo le basi per lo studio
delle popolazioni preelleniche della Sicilia, prima di lui
praticamente inesistenti. Grande merito va dato anche a Luigi
Bernabò Brea, ai fratelli Cafici, alla Bietti Sestieri e a
Vincenzo e Sebastiano Tusa, che hanno contribuito a rimodulare
alcuni aspetti controversi della datazione eseguita da Paolo
Orsi e a definire un quadro più chiaro e aggiornato. In questo
libro sono riassunte le loro ricerche e spiegati i loro studi.
C’è poi il formarsi e il consolidarsi della prima identità
indoeuropea attraverso gli studi antropologici di Marija
Gimbutas e di Editta Castaldi, che descrivono e spiegano i
movimenti e le ondate di popoli a cavallo provenienti da oriente
e il formarsi delle varie identità territoriali ed etniche.
C‘è ampiamente trattato l’arrivo in Sicilia di popoli
provenienti dal medioriente e dalla penisola italiana (Stentinello,
Castelluccio-Sicani, Siculi).
La lingua parlata da questi popoli è il fulcro del libro. Si
tratta di una lingua di origine orientale che possiamo definire
indoeuropea arcaica. Per migliaia di anni nella nostra Isola si
è parlato quella lingua, fino al 300-200 a.C. quando lentamente
il linguaggio “isolano” si fuse con la lingua portata dalle
avanguardie greche nelle comunità siceliote, fino ad essere
fagogitato completamente.
Mi sono infine soffermato su una constatazione che potrebbe
apparire sorprendente: nella lingua siciliana di oggi
sopravvivono ancora centinaia parole e suoni presanscriti!
Ho potuto constatare, con una certa sorpresa, che la
pronuncia delle parole appresa nell’infanzia trascorsa in
Sicilia, pronuncia che non si dimentica più, è presente identica
nel sanscrito. È il caso di matri, madre; patri, signore,
protettore; pítri, padre; putra, figlia, giovane animale; trí,
tre... Nel caso di tri, matri, patri, pítri e putra, sopravvive
nel siciliano identica la pronuncia della t e della r cerebrali
sanscrite.
In sanscrito le cerebrali (murdhania, prodotto dalla testa)
sono pronunciate come tr, d, n cerebrali o cacuminali invertite
del siciliano, ossia sollevando la punta della lingua verso il
palato; per esempio in cavaddu, gaddu, cutieddu, sangu, ecc. Una
pronuncia del genere, così specifica, i Siciliani non potevano
certo inventarsela dal nulla, è naturale pensare alla lingua
madre che la possiede, cioè al Veda e al sanscrito.
Enrico Caltagirone
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