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Mazzarrà Sant'Andrea (Messina)
 
 
 
 
 
 

 

 

   Notizie relative all'origine del Centro fanno riferimento al mussulmano Mazarak, i cui possedimenti si estendevano tra il torrente di Novara ad Ovest e il proprio affluente S. Giacomo ad Est. Alla confluenza dei due torrenti doveva sorgere un castello se la contrada mantiene ancora il toponimo di Castellaccio.

 

   Altra ipotesi sull'origine del nome, che non si discosta molto dalla precedente, si riferisce al fatto che in arabo i villaggi per la conduzione agricola dei fondi erano detti Menzil, pertanto sorgendo in questo luogo la fattoria di un tale Arran (o Arrak) la contrada è indicata come Menzil Arrak che in volgare è mutato in Mazzarrak e quindi in Mazzarrà. L'aggiunta a Mazzarrà di Sant'Andrea, dal nome della contrada in cui sorge, serve a differenziarlo da Mazara del Vallo.

 

   L'abitato attuale risale al 1653, fondato dai principi di Spadafora, che in seguito hanno venduto il possedimento a Ignazio Migliaccio. Il Centro diviene Comune autonomo con l'eversione del feudo nel 1812, pur mantenendo come stemma quello degli antichi fondatori, i principi di Spadafora, che rappresenta un braccio che brandisce una spada.

 

   Secondo vaghe notizie storiche, non suffragate da fonti sicure, a fondare Mazzarrà Sant’Andrea fu, ai tempi della dominazione saracena, l’emiro musulmano Mazarak che, di ritorno dalla conquista di Taormina, affascinato dalla fertilità del terreno e dall’amenità del luogo, si insediò in queste contrade, andando ad abitare in un grande castello, fatto costruire dai suoi fedeli servitori, quasi alla confluenza dei torrenti Brandino e Mazzarrà.

 

   Da qui, Mazarak poteva controllare agevolmente tutto il traffico che dalla spiaggia di Salicà si snodava verso Novara di Sicilia e Montalbano Elicona. Della sontuosa dimora si scorgono ancora, invasi da erbacce e da rovi, i ruderi, nei pressi dell’attuale campo sportivo.


   Come sostiene lo storico Vito Amico, Mazzarrà entra a far parte della legislazione normanna a partire dal 1400, da quando cioè a regolare la vita del feudo mazzarrese è il nobile Giovanni Giardina. Passata al figlio Enrico, nel 1447, Mazzarrà diviene proprietà di Corrado Spadafora, Barone di Venetico; nell’anno 1653, per volere di Pietro Spadafora, il borgo si ingrandisce, tanto da passare dai 197 abitanti del 1674 ai 510 del 1760, e acquista lo stemma dei principi di Spadafora.

 

   Comune autonomo dal 1812, luogo privilegiato, conca umida e calda riparata contro i venti che soffiano dall’Etna dai contrafforti dei Peloritani, sfiorata dalla brezza dei mari del Tindari, bagnata dalle acque di due torrenti, Mazzarrà Sant’Andrea vede stendersi ai suoi piedi una meravigliosa plaga, di circa 600 ettari, coltivata a vivai.


   Mazzarrà, celebrata anche dallo scrittore siciliano Vincenzo Consolo come “ grembo nutrice, madre di ogni pianta d’agrume, limone o arancio, cedro o lumìa, bergamotto, mandarino o chinotto che si trovi in questa terra di Sicilia e oltre”, deve agli Spagnoli la creazione, nel lontano 1539, delle prime oasi di vivai di agrumi. Sebbene sia ancora aperto il problema del luogo esatto in cui ebbe inizio l’agricoltura di tipo vivaistico, è quasi certo che solo con l’arrivo degli Arabi la questione dei vivai di agrumi a Mazzarrà Sant’Andrea ebbe ad assumere un posto di rilievo nel quadro dell’economia della cittadina.

 

   Col tempo, il vivaismo floro-agrumicolo è diventato il cardine dell’economia mazzarrese, tant’è che, secondo illustri studiosi, piante innestate di agrumi provenienti dalla cittadina sono state esportate in varie regioni italiane e in diversi Paesi stranieri quali Albania, Algeria, Egitto, Grecia, Jugoslavia, Palestina, Tunisia. Addirittura, sembra che l’arte vivaistica mazzarrese trovò spazio, nel 1889, grazie ad un intraprendente mazzarrese, anche in Francia, a Parigi, in coincidenza con l’inaugurazione della Torre Eiffel.

 

   Le gloriose tradizioni dell’attività vivaistica mazzarrese sono state sempre apprezzate, principalmente, per la selezione varietale curata con tecniche di alto livello e serio impegno. 

 

 

 
 
 
 
 
 
 

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