Oliveri (Messina) | | | |
| Il primo a tramandare il nome Oliveri fu il geografo Edrisi, incaricato dal Gran Conte Ruggero, descrivendo "Labiri (Oliveri) come un bello e grazioso casale, con un grande castello in riva al mare, delle case, delle buone terre da seminare, dei ruscelli perenni sulle sponde dei quali erano impiantati alcuni mulini e con un bel porto nel quale si faceva copiosa pesca di tonno" L’attuale denominazione del paese viene dal condottiero Carlo Oliveris del quale gli abitanti del luogo hanno voluto ricordare la cortesia. Il fatto risale certamente all'epoca in cui, mancando la scrittura, il compito di esaltare le gesta degli eroi era affidata ai poeti popolari, girovaganti per le piazze del paese, che scatenavano le fantasie degli astanti e l'entusiasmo popolare. Il primo nucleo abitativo nei pressi di Oliveri fu fondato sul monte Tindari dai Dori, che fin dall'inizio utilizzarono il paese come centro costiero. Come tutta la Sicilia passò poi sotto il dominio romano e sotto di loro è divenuta nota la grande pescosità del suo mare. Nel 1088, per decreto del Gran Conte Ruggero, il territorio compreso tra i fiumi Elicona e Montagna fino a mare passò nelle mani dei monaci benedettini di Patti. Nel 1360 il Re Ferdinando d’Aragona, per farne regalo al suo secondogenito, staccò dalla concessione fatta ai monaci, il castello, il feudo e la tonnara di Oliveri. Non vi è una data certa della nascita del comune di Oliveri, che avvenne probabilmente tra il 1810 e il 1815; ma si sa per certo che fino al 1857 i territori di Falcone e di Casino di Falcone facevano parte del comune di Oliveri. In seguito si unirono e diedero vita al comune di Falcone. Fino agli anni ’60 la tonnara di Oliveri era una delle più importanti della Sicilia. Oggi il paese ha una vocazione turistica. Il castello: Chiuso tra un folto parco boscoso, che quasi lo nasconde, esso appare come misteriosa dimora che abbia celato chissà quali tenebrose vicende. Ma forse la sua storia è invece limpida e serena poiché seppure, nel corso dei secoli, qualcosa di oscuro avvenne tra le sue mura, nulla ce ne tramanda la memoria. Ricordato da Edrisi al tempo dei normanni, epoca nella quale era chiamato Liviri, esso fu il centro attorno cui sì andò poi formando il borgo, quasi interamente abitato da pescatori specializzati nella cattura dei tonni.
Con gli aragonesi ne fu castellano Ferrano de Abbellis dal quale nel 1360, per concessioni di rè Federico III pervenne a Vinciguerra di Aragona cugino di Federico stesso.
Al tempo di rè Martino ne fu signore Raimondo de Xamer che lo possedette assieme alla sottostante tonnara (1398). Sul 1414 rè Ferdinando di Castiglia ratificò uno scambio, dell'anno 1400, per cui il castello era passato a Federico Spadafora. A questi subentrò Perrono Gioieni alla cui famiglia rimase sino al 1600 circa, epoca nella quale venne venduto ai La Grua. Successivamente posseduto dalla famiglia Zappino fu da questa venduto a Giuseppe Accordino (1693).
Al tempo di rè Martino ne fu signore Raimondo de Xamer che lo possedette assieme alla sottostante tonnara (1398). Sul 1414 rè Ferdinando di Castiglia ratificò uno scambio, dell'anno 1400, per cui il castello era passato a Federico Spadafora. A questi subentrò Perrono Gioieni alla cui famiglia rimase sino al 1600 circa, epoca nella quale venne venduto ai La Grua. Successivamente posseduto dalla famiglia Zappino fu da questa venduto a Giuseppe Accordino (1693).
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