Perché i nostri giovani non possono più essere definiti
terroni? Semplice, perché emigrano. Lasciano la loro
terra natia perché politica, istituzioni, burocrazia
ed apparati dirigenti, rendono loro difficile, se
non impossibile, amare, interarsi e comprendere il
loro territorio già dalla tenera età, la loro terra
natia e tutto quanto di significativo in essa
contenuto. Se già da ragazzi non vengono loro
trasmessi i principi basilari del loro diritto ad
avere un’educazione (non ad essere educati) per il
loro patrimonio, quello locale, e spinti sempre più
da inadeguati libri di testo che ignorano l’enorme e
variegato patrimonio mobile, artistico e
architettonico della loro area geografica di
residenza a studiare ed apprendere di Roma, Firenze,
Venezia, Milano e Torino, già i ragazzi pensano che
il loro territorio non abbia valore storico,
artistico e culturale. Ecco spiegato perché non
amano la loro terra, perché non conoscono nulla dei
loro monumenti e della storia locale. Loro, i
ragazzi, a seguire i media nazionali sentono parlare
della Sicilia solo per fatti di mafia, criminalità,
migranti e maltempo, quando il resto d’Italia è
messo centomila volte peggio della Sicilia. Non ha
senso seguire Rai, Mediaset e La7 ma neppure le
banalità di certi media locali. Questa politica
mediatica ha impoverito il territorio, ha impedito
nuovi insediamenti produttivi scoraggiando eventuali
imprenditori disposti a farlo. Non farò una disamina
sulle opportunità di lavoro della nostra isola ma mi
limiterò a prendere atto che i nostri diplomati e
laureati all’estero sono inseriti, valorizzati e ben
pagati; cosa che non avviene dalle nostre parti.
Facebook Instagram e vario altro, non insegnano, non
creano cultura ma solamente indottrinano creando
rifugio virtuale a menti sempre più deboli lasciate
sole in balia di Zuckerberg e Gates. Occorre
distrarre i ragazzi da questi pericolosissimi
vettori di futilità e culture malsane e portarli
alla vita reale e sociale delle loro città. La
scuola potrebbe fare di più.
Penso
ai ragazzi di periferia che diventa sempre più
periferia e a volte ghetto e se consideriamo che
statisticamente è proprio la periferia ad incidere
nel centro urbano e storico, ne deriva che sono i
secondi a subire “l’imbarbarimento” culturale e
commerciale difficile poi da gestire e modificare
nel tempo.
Noi,
come Associazione Culturale “Accademia di Arti e
Culture”, abbiamo, sin dal 2007 operato in favore di
scuole e città; abbiamo lavorato per coinvolgere i
ragazzi di scuole medie e superiori
nell’apprezzamento delle possibilità sociali e
culturali ancora inespresse ma presenti sul
territorio. I nostri “Piani di Studio”, propositivi
e formativi creano comprensione e consapevolezza con
il risultato che ciò che sui libri è stato virtuale
con noi diventa palpabile e reale.
Oggi come non mai stiamo esportando, a titolo
gratuito ma con costi di istruzione assai
dispendiosi, diplomati e laureati, “Importando”
migranti e clandestini da ogni parte della terra e
non certo istruiti e formati. E' un ottimo
investimento?
A proposito di scuola: Ad un
incontro tra giovani studenti, giornalisti (in netta
minoranza), insegnanti e dirigente dell’istituto, ho
avuto modo di apprezzare storia scolastica e
lavorativa di un imprenditore agricolo e di un
imprenditore tecnico scientifico. Entrambi non
laureati, perché interrotto gli studi universitari,
ma che avevano avuto successo nel mondo dell’impresa
e del lavoro. Alla fine dell’incontro, sua
eccellenza monsignor Antonino Raspanti, ha lodato i
due imprenditori ed ha magnificato la possibilità,
per quei prossimi diplomati, di valutare un percorso
pseudolavorativo come guida ambientale sull’Etna
oppure di un percorso formativo in un noto vivaista
locale con sede in prossimità del mare. Nessuno ha
detto che nei terreni esistenti tra il sito del
vivaio e il mare (zona balneare) non vi è quasi più
vegetazione e che gli ortaggi lì piantati
imputridiscono ancor prima di germogliare. Ma lì non
interessa nessuno, né goletta verde, né verdi e
neppure ambientalisti.
Rosario Rigano
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