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Rodi Milici

(Messina)

 
 
 
 

 

 

   Il Comune di Rodì Milici, costituito da due agglomerati urbani: Rodì e Milici, è ubicato sulle estreme propaggini dei Monti Peloritani, situato a poca distanza dal mare e dalle arterie principali (S.S. 113 – A/20), è ricco di storia, di arte e di cultura.

 

   I primi insediamenti umani in questo territorio risalgono alla preistoria, come testimonia la necropoli di Monte Grassorella o Gonia. Antichi insediamenti sono documentati, altresì, dai resti dell’antica città di Longane sul monte Ciappa, dove esistono ancora i resti di una cinta muraria, dal fortilizio di Pizzo Cocuzzo e dal ritrovamento dei resti di una fattoria ellenistica.

 

   Nel corso dei secoli, la città di Longane mutò il nome in Artemisia e si ubicò nella valle del Longano, l’attuale torrente Patrì, dove nel 268 a.C. si svolse la famosa battaglia tra i Mamertini comandati da Chio ed i Siracusani di Gerone II°. Dopo questa fase si sono succedute varie dominazioni: Romana, Bizantina (fu proprio in questo periodo storico - 682 d.C. - che fu eletto Papa Leone  II°, originario di Milici), seguirono, poi le dominazioni: Araba, Normanna, Angioina e Aragonese. Durante le ultime tre dominazioni, Artemisia si trasformò in Solarìa, che nel 1148 fu un importantissimo centro politico-amministrativo. Successivamente la città regia di Solarìa decadde a causa di cataclismi e guerre.

 

   Documenti probanti, non legati alla tradizione si hanno a partire dal XIII° secolo, da cui si evince l’esistenza di una Comunità che ha raggiunto un elevato prestigio politico ed un notevole sviluppo economico e civile sotto la giurisdizione dell’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni Gerosolimitano, di cui a Milici  si possono ancora vedere i resti del Gran Priorato (Sec. XIII° -  XV°), con l’attigua Chiesa di S. Giovanni Battista e lo stemma dei Cavalieri, riprodotto in marmo anche sul portale della Chiesa di S. Rocco.

 

   L’insediamento a monte di Rodì, secondo la tradizione, dovrebbe essere avvenuto in seguito alla tragica alluvione del 1582, che secondo la versione tradizionale seppellì l’abitato esistente lungo il torrente Patrì, di cui testimonianza inoppugnabile sono i resti di un’antica Chiesa, con la sua cupola rosata.

 

   Nel corso dei secoli dopo vari avvicendamenti, Rodì e Milici, divennero frazione di Castroreale, dalla cui sudditanza, i cittadini di Rodì e Milici si affrancarono, dopo decenni di lotte, il 10 Maggio 1947, costituendosi a Comune autonomo con il nome di “Rodì Milici”.

 

   Da quando, nel 1947, Rodì Milici ottenne l’autonomia comunale da Castroreale, la sua crescita economica, sociale e culturale è stata inarrestabile  come testimoniano le numerose opere pubbliche realizzate negli anni.

 

   Sicuramente, l’aspetto più importante e rilevante per il quale Rodì Milici è conosciuto anche all’estero, è quello storico-archeologico. Il sottosuolo ha restituito tesori preziosi, testimonianza tangibile di un passato illustre e composito.

 

   A partire dai primi anni del secolo scorso, fino ad un passato molto recente, a Rodì Milici sono state effettuate importanti campagne di scavi dirette da illustri archeologi del panorama nazionale, quali: Paolo Orsi, Domenico Ryolo, Luigi Bernabò Brea. Il sottosuolo ha restituito una necropoli risalente all’VIII° secolo a.C., un fortino megalitico dell’antica Longane ed un tempio risalente al VI° secolo a.C. .

 

   Importante è stata l’identificazione da parte degli studiosi, del torrente Patrì con il fiume Longano, teatro di una furibonda battaglia tra  Mamertini e Siracusani nel 268 a.C.. Nel 1996, in una successiva campagna di scavi, coordinata dall’Istituto di Archeologia greco romana dell’Università di Messina sono stati rinvenuti sul Monte Grassorella, i resti di un villaggio rurale di epoca ellenistica (IV° secolo a.C.). Sul monte Grassorella si trovano anche numerose tombe a grotticella di periodo protostorico.

 

   I numerosi reperti archeologici venuti alla luce nel corso degli anni, sono custoditi nei vari Musei nazionali e stranieri; basterà citare il famoso caduceo bronzeo recante l’iscrizione in caratteri greci: “Sono l’araldo pubblico Longanese”, custodito al British Museum di Londra, esposto a Palazzo Grassi a Venezia in occasione della Mostra sui Greci d’Occidente, allestita nel 1996.

 

   Di rilievo, a Rodì Milici, e più specificatamente a Milici,  l’esistenza del palazzo dei Cavalieri di Malta o di S. Giovanni Gerosolimitano con le Chiese recanti lo stemma dell'Ordine, siti nel centro di Milici.

 

   E' storia, infatti, che nel 1210 Ermanno di Striburg fece oggetto della sua generosità l'Ordine Gerosolimitano che a Messina aveva una "domus hospitalis". Nei documenti così si legge: "Concediamo e doniamo alla casa dell'ospedale di Messina il nostro casale Milizi (Milici), che teniamo per dono e per autorità del Signore nostro illustrissimo Federico, con le selve, le terre coltivate ed incolte, con le condotte d'acqua e con tutti i suoi giusti tenimenti e le due pertinenze, affinché la predetta casa dell'ospedale di Messina, d'ora in poi in ogni tempo, per la remissione dei nostri peccati, tenga il casale stesso, liberamente, pacificamente e quietamente e lo possegga senza molestie o impedimento  alcuno". Milici diventa così sede di questo importante Ordine.

 

   Un passato illustre, dunque, del quale siamo fieri, così come siamo fieri delle nostre tradizioni, dei culti locali, dei prodotti  che offre la terra fertile: il vino, il grano, l’olio, gli agrumi, insieme a tanti altri prodotti genuini, coronano le nostre tavole.

 

   Il vino di Rodì Milici che gli antichi Romani chiamavano “Mamertino” è talmente pregiato che Plinio lo mette al IV° posto tra i centoventicinque che Egli chiama “nobili”. Cesare per celebrare il suo terzo consolato fece servire vino mamertino a tutto il popolo.

 

 

 
 
 
 
 

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