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San Piero Patti (Messina)
 
 
 
 

 

 

   Viene spesso definita la cittadina dai tesori nascosti. Prima della attuale denominazione i Greci la chiamarono Petra" ed i Romani "Petrus", poi il Cristianesimo nell'anno mille aggiunse "Sanctus Petrus" e poi "Sanctus Petrus Super Pactas". Ma il quadro interessante è il susseguirsi di dominazioni. La fusione della lingua con quella dei soldati stranieri che aiutarono il Conte Ruggero a scacciare gli Arabi diede vita al dialetto Gallo-Italico ancora parlato anche a Novara di Sicilia, a San Fratello ed in altre realtà dell'isola.


   Immense ricchezze si troverebbero, sotterrate dai briganti, nelle caverne di Malopasso, murate da enormi rocce di marmo rosso smosse dai terremoti.


   L'origine di San Piero Patti è antichissima. Le ricerche sono state in gran parte curate dal preside Giuseppe Argeri, le cui cronache riferiscono che fin dalla più remota antichità, nel luogo in cui sorge la cittadina che oggi conta circa 3600 abitanti, sui Nebrodi, una folta vegetazione copriva il territorio e li è ancora, in mezzo, una immensa e grandiosa montagna di roccia di granito rosso.


   Gli antichi coloni greci lo chiamavano "Petra", mentre molti operai della antica Tindari, città fondata nel IV secolo a.c., e molti altri della antica Abacena, fondata anteriormente alla stessa Tindari, si recavano a San Piero Patti per ricavare armi, trarre legna e carbone.


   Pure tutti i condannati all'esilio per colpa di gravi reati, trovavano rifugio nel territorio boscoso.


   Che fosse abitato nel IV secolo a.c. è confermato da uno scritto del notaio Benfatta, conservato ancora nella curia parrocchiale, oltre che dal ritrovamento di vecchie caverne e di tombe, con vasi greci, nelle contrade Frassinello e Ospizio.


   Nell'827 sbarcarono gli Arabi in Sicilia e dopo l'occupazione di molte città, giunsero anche nella valle del Timeto, il fiume che scorre nel territorio di San Piero Patti. Secondo quanto riferisce Fazzello, si stabilirono alla periferia del paese in una località che ancora oggi porta il nome di Arabite. 

 

   Qui vissero come agricoltori, integrandosi con la popolazione ma anche scontrandosi per la diversità della   lingua, dei costumi e della religione.


   Fu il conte Ruggero, nell'XI secolo a liberare la Sicilia e San Piero Patti dai saraceni.
 

   Tra le numerose battaglie, quelle combattute nel territorio di San Piero Patti nelle località Capitan d'armi, fra i territorio di Librizzi e quello di Piano Campi e pure nella contrada Vinciguerra, dove il conte guerriero riportò una strepitosa vittoria.


   Fu celebrata per ringraziamento una messa solenne su di un gran sasso a forma di altare che ancora esiste, ed è stato chiamato pietra dell'altare.

Fu dopo la liberazione della Sicilia che San  Piero Patti divenne di dominio regio, passando dopo qualche tempo al dominio feudale, trasformandosi in un piccolo stato così come era avvenuto in gran parte dell'Europa per opera di Carlo Magno.


   Così, si susseguirono quattro importanti dominazioni: quella degli eredi del giudice Giovanni De Manna, dei baroni Orioles (ancora oggi esistono eredi), dei baroni Caccamo imparentati con gli stessi Orioles e, infine, dei principi Corvino.

 

 

 
 
 
 
 
 

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