La chiesa
del SS. Crocifisso del Rinazzo
Ricerche e
considerazioni della classe 1^ E (I.C. Paolo Vasta di Acireale).
Ha un valore storico
culturale elevatissimo. E’ però un luogo chiuso da molti anni e col passare del
tempo è stato spogliato di tutte le sue ricchezze.
E’ inverosimile pensare,
così come riportato da “La Sicilia” nel 18/02/1949 *, che poco più di sessant’anni
fa, fosse un luogo di culto “rifatto e ripulito, con deliziose decorazioni a
stucco settecentesche, oltre a statue di legno di buona fattura”.
Fortunatamente rimane però
l’altare, con i suoi marmi preziosi e il miracoloso quadro rappresentante la
scena pietosa della Crocifissione.
La struttura è
ancora solida se non fosse per l’umidità evidente sulle pareti e soprattutto
nelle parti lignee.
La Chiesa ha anche un
cortiletto esterno con la sua suggestiva colonna della fustigazione, che al
diretto contatto con le intemperie si sta rovinando.
Desideriamo sensibilizzare
le Signorie loro affinché promuovano e si adoperino per: la ristrutturazione e
la riapertura di questa bellissima Chiesa; la rimozione della vistosa transenna
posta proprio davanti all’ingresso principale, indicante un autolavaggio
limitrofo alla parete del sacro, senza contare che il continuo uso di acqua
peggiora l’umidità; lo spostamento dei cassonetti situati proprio davanti al
monumento, la cui vicinanza sicuramente non contribuisce al decoro di questo
prezioso luogo di culto; la pulizia del luogo; e all’interno l’eliminazione
delle targhe con loghi di varie società sportive e di tutti quegli oggetti
impropri. Storia
della chiesetta
La Chiesa del SS. Crocifisso del Rinazzo
Nel 1683 Giacinto Platania, pittore settecentista acese, affrescò
in una modesta icona la scena pietosa della crocifissione: Gesù
inchiodato sulla croce con a lato la Madonna dolorosa, e
dall’altro una pia donna.
Molti fedeli, in quel tempo, accorrevano per venerare quel Cristo
crocifisso che si dimostrò subito miracoloso, tanto da far
crescere la fama dell’immagine sacra. Nel 1685 il Vescovo
Michelangelo Bonadies, appresa l’esistenza di una così
miracolosa icona, ordinò che fosse costruito un altarino. Ma i
fedeli non si accontentarono e con le offerte e oblazioni
raccolsero tanto da costruire una chiesa che fu benedetta e
aperta al culto nel 1688.
Nel 1693 la chiesa viene distrutta da un terremoto, ma il culto
non cessò. Nel sec. XVIII il sac. Paolo Castorina la restaurò e
la fece adorna di nuove opere, chiamò l’architetto Francesco Di
Paola Patanè, (acese nato nel 1656 allievo del celebre Stefano
Ittar), per decorare la chiesa che era stata costruita su
disegno dell’architetto Paolo Amico. L’antichissima icona è
ancora in cima all’altare maggiore con il suo Cristo crocifisso
circondata da marmi preziosi, ma dell’opera originale di
Giacinto Platania rimane ben poco, perché nel tempo tanti mani
inesperte hanno sovrapposto colori. Il sacerdote Paolo Castorina
volle scolpire di sua mano due figure di legno, una
rappresentante il soldato Longino e l’altro la Maddalena, che
collocò ai lati dell’altare maggiore. La bella chiesa che ha
dato il nome alla contrada, “al Crocifisso”, si levava in un
luogo remoto e pittoresco perché circondata da alberi. Le linee
della costruzione sono di stile settecentesco e tra la cupola e
il tetto sporgente dall’unica navata si profila l’ampia e
robusta cella campanaria con funzione decorativa.
Gli alberi del breve spiazzo, quel verde colore della cupola
coperta da mattonelle in ceramica disposte a squame, dai
costoloni sagomati, il bianco della pietra calcare, il senso di
pace che spira, rendono la chiesa cara al popolo acese.
Nell’interno si trovano deliziose decorazioni a stucco:
ghirlandelle di fronde. Entrando sulla destra, vi è la “Colonna
della fustigazione” dove i frati dell’epoca presumibilmente si
autopunivano.
Oltre all’opera del Platania vi si trovano quattro tele
del pittore Michele Vecchio raffiguranti scene della passione di
Nostro Signore di cui “La salita al Calvario” e “La Veronica”
(oggi nella Chiesa di san Domenico).
All’angolo opposto di quello in cui sorge la chiesa, nella
via Salvatore Vigo, un cancello sempre chiuso preclude il breve
vialetto che porta alla cappelletta adottata come edicola votiva
e dedicata alla Madonna della Solitudine. Il viale, prima che
venisse aperta la strada, intitolata al patriota acese, si
partiva dal cortile della chiesa; è coperto di muschio e, nella
piccola cappella, la Madonna apre le braccia con gesto
disperato, davanti al sepolcro del Cristo. Questo sito, accudito
nel tempo da un generoso signore oggi purtroppo scomparso, altro
non è che il resto di una tomba in quanto al tempo lì vi era il
cimitero locale.
Pagina e link
collegati a cura dell'Associazione Culturale editrice "Accademia
di Arti e Culture". |