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     Portale del Turismo Siciliano

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   GELA NELLA PREISTORIA

   Durante il Neolitico il territorio di Gela era abitato da popolazioni mediterranee, che vivevano in capanne costruite in legno, paglia e fango.

   Tra il 3000 a.C. ed il 1500 a.C. Gela fu abitata prima dai Sicani, in seguito, dal 1000 a.C. dai Siculi che, passato lo stretto di Messina, combatterono contro i Sicani costringendoli a ritirarsi al di la' del fiume Imera, nella parte occidentale dell'Isola.

   I Siculi si stanziarono nella parte sud - orientale, con roccaforti nella zona del Disueri. Sono state trovate testimonianze di questa popolazione nelle necropoli di Disueri, Mangiova, Manfria e Settefarine in cui sono state rinvenute, in tombe scavate nella roccia, utensili, gioielli, armi e giocattoli.

   GELA ELLENICA

   Gela fu fondata da coloni Rodii-Cretesi guidati da Antifemo ed Entimo intorno al 689 a .C., precisamente, secondo Tucidide, 45 anni dopo la fondazione di Siracusa e 108 anni prima della fondazione di Agrigento.

   La città prese il nome di Lindioi e poi Gela, dal nome indigeno del fiume alla cui foce si erano insediati i colonizzatori.

   Questi occuparono ben presto tutto, il circondario di Gela fondendo la cultura indigena con la propria. In campo religioso Telines, sommo sacerdote di Demètra e Kore, impose il culto delle proprie divinità esteso al resto della Sicilia e sopraggiunto anche a Roma.

   Gela in breve tempo si arricchì di abitazioni, templi dedicati a Demetra e Kore, Athena, Hera, ed altri numi benefici, dando inizio alla colonizzazione delle zone attigue. Nel 580 a .C., coloni di Gela, guidati da Aristinoo e Pistilo, fondarono Agrigento che si rese autonoma dieci anni dopo.

   Grazie all'opera dei suoi tiranni (Cleandro, Ippocrate, Gelone) Gela si affermò; in breve tempo, guida per l'unità di tutti i popoli greci della Sicilia. Si impossessò di Camarina, occupò Gallipoli, Nasso e Leontini confermandosi padrona incontrastata della Sicilia greca, creando un blocco contro la minaccia dei Cartaginesi che occupavano la Sicilia occidentale.

   Nel 485 a .C. Gelone spostò la sua residenza a Siracusa e nel 480 a .C. Gela partecipò con la sua cavalleria accanto ad Agrigento e Siracusa, alla grande battaglia di Imera che vide la sconfitta di Amilcare e il suo esercito cartaginese forte di trecentomila uomini.

   A seguito di questa vittoria Gela si ingrandì ancora e le testimonianze del suo splendore si possono ammirare nel Museo archeologico nazionale. Gelone, della famiglia dei Dinomenidi, inviò due ricchi tripodi d'oro presso il santuario di Apollo a Delfi, dove i Gelesi avevano da tempo costruito un thesauros. A Gela il tiranno innalzò un tempio dedicato a Demètra e Kore, di cui tutt'ora rimane, una colonna in stile dorico.

   Gela visse un momento di grande prosperità e abbondanza tanto che Roma, come ci tramanda Erodoto, colpita da siccità e carestia, ne conobbe la generosità, avutone gratuitamente venticinquemila medinni (4859 salme) di frumento spedito con triremi geloe.

   Divenuto tiranno di Siracusa, a Gelone succedette, al governo di Gela, il fratello Gerone. Gelone riordinò Siracusa e mise pace fra le fazioni opposte. Gelone morì nel 478 a .C. e per lui cantarono Pindaro, Epicarmo ed Eschilo che elesse Gela a dimora definitiva. Qui morì nel 456 a .C. colpito, dice la leggenda, da una testuggine lanciata da un aquila in volo. Morto Gelone, a Siracusa gli successe il fratello Gerone. A Gela si insediò il terzo fratello, Polizelo, grande mecenate, più volte vincitore dei giochi olimpici. Di lui esiste, a Delfi, una scultura bronzea, l'Auriga, donata dopo aver vinto una delle gare più prestigiose.

   Nel 424 a.C. Gela fu scelta per celebrare la prima convention della Sicilia: il congresso della pace. Il motivo della riunione fu dettato dal pericolo che gli Ateniesi si impadronissero dell'Isola approfittando delle discordie tra le grandi e potenti città siceliote. Lo storiografo Tucidide tramanda il discorso tenuto dal siracusano Ermocrate in cui si invitano tutti i partecipanti a deporre le armi fra di loro per affrontare il nemico comune. L'accordo ebbe breve durata.

   Sconfitti gli Ateniesi, un altro pericolo appariva all'orizzonte: quello punico. L'avanzata dell'esercito punico metteva in pericolo anche Gela, e come se questo non bastasse, il popolo insorse contro gli aristocratici della città. Intervenuto Dionisio I, accordò al popolo ogni ragione e dopo aver confiscato i beni degli aristocratici, li condannò a morte.

   Sconfitta Agrigento i Cartaginesi invasero Gela e Camarina, distruggendole. Gli scampati si rifugiarono a Leontini (oggi Lentini). Era la primavera del 405 a .C. Dopo otto anni i profughi gelesi provarono a ritornare nella loro città.

   Sotto la guida di Timoleonte, Gela ritornò ad essere prospera e visse un lungo periodo di pace: continuò a coniare monete e fiorì nel campo delle arti. Fu questo il periodo in cui vissero i gelesi Archestrato, padre della gastronomia; Apollodoro, poeta e commediografo; Timagora, filosofo; Euclide, matematico.

   Morto Timoleonte (336 a.C.) ricominciarono i dissidi tra le varie fazioni risvegliando sogni espansionistici tra i popoli nemici della citta' di Gela. Nonostante l'impegno di Agatocle, l'avanzata cartaginese si fece sempre più minacciosa. Lo scontro tra i Cartaginesi, forti di 45 mila uomini e i Sicelioti, tra i quali anche Geloi, fu un disastro per questi ultimi ed i loro alleati. La sconfitta fu l'inizio della fine per Gela. Nel 282 a .C. la città fu distrutta dagli Agrigentini guidati da Finzia.

   Questo l'amaro destino di una gloriosa città condotta al massimo splendore dai Dinomenidi di Gela, spartendo le sorti con Agrigento da lei fondata.

   GELA POST- ELLENICA

   Dopo la distruzione della città ebbe iniziava l'occupazione dell'Isola da parte dell'esercito romano guidato dal console Marcello che, dopo occupata Siracusa, attrasse alle spire di Roma il resto della Sicilia. I Cartaginesi furono affrontati e sconfitti da Marcello sulle rive dell'Imera meridionale. Tracce di questo importante periodo storico sono state riscontrate nelle campagne di Gela (ceramiche, necropoli bizantine ecc.) e, a riprova si sa che nel 208 a.C. Gela soccorse i Romani (console Levino) con uomini, armi, viveri e denari; nel 202 a.C., Scipione, dopo la conquista di Cartagine, restituì quello che rimaneva dell'antica città molti degli oggetti che i Cartaginesi avevano loro trafugato; nel 76 a .C. Cicerone accusò Verre, il famoso "ladro" romano, di peculato e concussione per le infami ruberie perpetrate anche a Gela; da lui sappiamo inoltre che Gela, dopo la distruzione, fu impinguata di una colonia di Romani, inviata da Publio Servilio.

   Nel 603 d.C. la citta' era chiamata "Massa quae dicitur Gela" e sicuramente consisteva in un piccolo borgo il cui centro doveva trovarsi nelle vicinanze del cimitero monumentale, ove più tardi, nel 1099 fu costruita una piccola chiesa, detta di S. Biagio, tutt'ora esistente.

   Il nome della città subì vari cambiamenti e Gela fu chiamata, per le colonne che vi sorgevano, anche "Citta' delle colonne" o "Eraclea"; il nome rimase negli atti ufficiali civili fino a quasi tutto il 1700 e negli atti ecclesiastici fino ad oggi.

   Nell'837 d.C. la città di Eraclea fu occupata dal condottiero arabo Asad ibn al-Furat. Gli Arabi vi introdussero la coltivazione del cotone e nuovi sistemi d'irrigazione e chiamarono il fiume Gela "Wadi 'as Sawari", ossia "Fiume delle Colonne", e l'abitato "Calat 'as Sawari", Citta' delle Colonne.

   Sotto il dominio normanno Eraclea ebbe il privilegio di città demaniale decretato dal conte Ruggero e confermato dal re Martino e dai regnanti successivi.

   Nel 1233, passata la Sicilia sotto il dominio svevo, Gela fu riedificata da Federico II che la chiamò Terranova, per distinguerla dal vecchio sito ubicato nella parte occidentale della collina, facile preda di incursioni saracene.

   Terranova, il cui stemma raffigura l'aquila sveva di Federico II che si poggia su due colonne, sorse nella parte orientale della collina, nel sito attuale ove è ubicato il centro storico che va da Porta Licata a Porta Vittoria e da Porta Marina a Porta Caltagirone. Gli abitanti, poco alla volta, si trasferirono nella nuova città e la circondarono di mura, tutt'ora testimoni silenziosi di quel tempo. Alla morte di Federico II Terranova si dichiarò comune "autonomo" e si pose sotto la protezione della Sede Apostolica. In seguito passò agli Angioini e nel 1282, dopo i Vespri Siciliani, elesse un regime autonomo diretto dal governatore Anselmo Cannizzaro.

   Nel frattempo furono costruite la chiesa principale "Santa Maria della Platea" (nel luogo dell'Agorà o piazza) e la vecchia chiesa di S. Giacomo (oggi scomparsa).

   Durante il periodo feudale il territorio di Gela fu acquistato da Don Carlo D'Aragona e Grujllas, da cui discesero i duchi di Terranova, tenutari del secondo posto al Parlamento del Regno e più volte vicerè di Sicilia durante la dominazione spagnola.

   Nel 1437 Terranova divenne città baronale. A Don Carlo D'Aragona successe la figlia Giulia Agliata e dal 1640, per oltre 100 anni, la città passò in mano ai marchesi Pignatelli.

   Nel 1788 gli abitanti di Terranova per liberarsi dal vassallaggio nei confronti dei duchi di Monteleone pagarono un riscatto presso il reale Patrimonio, incaricando della questione Don Giuseppe Mallia, barone di S. Giovanni.

   Il 3 marzo 1799 il paese venne funestato da un memorabile fatto di sangue, conosciuto come "U ribellu". Le dispute tra conservatori e giacobini culminarono nell'uccisione di cinque rivoluzionari. Non mancarono episodi esilaranti che videro il notaio D'Anna nascondersi sotto il baldacchino del Santissimo, accanto al parroco Mallia che, preoccupato per la tensione tra le due parti, aveva improvvisato, qualche ora prima, una processione del Corpus Domini.

   Nella seconda metà dell'800 le idee anarchico-socialiste erano diventate patrimonio comune della povera gente e degli intellettuali della nostra città. Nel novembre del 1892, anno in cui nasceva il partito socialista, veniva costituito il "Fascio dei Lavoratori" che contava, a Terranova, oltre mille affiliati. Primo presidente fu Mario Aldisio Sammito, un patriota intellettuale che aveva avuto rapporti epistolari con Garibaldi, Mazzini e altri eroi risorgimentali. Il Fascio, che rivendicava più giustizia sociale e meno imposizioni fiscali, venne sciolto due anni dopo dal governo Crispi e i suoi dirigenti furono imprigionati.

   L'abolizione del feudo, decretata nel 1812, rimase un atto puramente formale. Il ricco patrimonio del comune di Terranova era ancora nelle mani di poche famiglie; a nulla valsero le denunce di onesti consiglieri comunali contro gli illegittimi possessori che, tra l'altro, erano anche amministratori della città. Le terre demaniali (Farello, Gibilmuto, Zai, San Leo, Scomunicata e altre contrade) non riuscirono ad essere reintegrate nel patrimonio comunale, nonostante la sentenza emanata il 27 novembre 1915 dalle Sezioni Unite del Collegio Supremo.

   Nel 1927 la città fu autorizzata a chiamarsi con l'antico e glorioso toponimo greco.

Testi di Nuccio Mulè - Archeoclub Gela

   Siti archeologici

   Gela è considerata uno dei più importanti siti storici, archeologici e culturali del Mediterraneo, essendo stata tra VI e V secolo a.C. la maggiore città-stato siceliota e la fondatrice di Akragas. Qualunque scavo nell'area per lavori pubblici spesso subisce interruzioni a causa di ruderi e reperti di ogni epoca.

   In epoca medievale per l'edificazione della città vennero sfruttati i ruderi della polis causando la perdita di numerosi templi e lunghi tratti delle fortificazioni greche.

   Già durante il XVIII secolo Terranova divenne meta di tombaroli che, attirati dall'importanza del sito, molto spesso compravano a basso prezzo un terreno ed eseguivano le loro ricerche clandestine per poi rivenderlo e fuggire via con reperti inestimabili che sistematicamente finivano nelle vetrine dei più prestigiosi musei del mondo. Le prime indagini legali risalgono al Novecento, condotte dal celebre archeologo Paolo Orsi sotto incarico della Sovrintendenza di Siracusa. Egli individuò l'Athenaion presso l'Acropoli ed eseguì indagini sulla vastissima necropoli greca compresa nell'Orto Pasquarello, il quartiere Borgo e Rabatello, il Quartiere Cappuccini - Pignatelli e la villa comunale ‘Giuseppe Garibaldi’, dalla quale provengono alcune fra le più raffinate ceramiche del mondo classico. La grande stagione dell'archeologia gelese è comunque quella compresa tra il 1948 e tutti gli anni sessanta del XX secolo durante la quale tornarono alla luce numerose e importantissime testimonianze sia greche che di altri periodi. La città e il territorio sono costellati di siti archeologici che, nella maggioranza dei casi, sono stati esplorati e nuovamente interrati.

   Le zone oggi visitabili sono tre: Capo Soprano, l'Acropoli e il sito di Bosco Littorio. Presso Capo Soprano si ammira l'esempio meglio conservato al mondo di architettura militare greca: le fortificazioni greche (Mura Timoleontee) di Gela. Il tratto messo in luce (quasi 400 m) risale al IV secolo a.C. Dell'originario complesso sono ancora visibili: il basamento di un torrione d'avvistamento, le gradinate d'accesso ai camminamenti di ronda, l'impianto di scolo delle acque meteoriche, i possenti contrafforti della fiancata sud-est. Ma la particolarità che rende unico il monumento è il materiale utilizzato per la sua costruzione: grossi blocchi squadrati in Calcarenite nella parte inferiore e uno spesso strato di mattoni d'argilla crudi o “cotti al sole” che si sono perfettamente conservati e necessitano di un'adeguata protezione dall'azione delle intemperie e del tempo. Dal 2009 le Mura sono state attrezzate con una moderna e funzionale struttura di protezione hi-tech. Nel parco si possono visitare: due forni di epoca medievale, i ruderi di un accampamento militare e quelli di un vasto quartiere residenziale del IV secolo a.C.

   Poco distante dal parco, alle spalle dell'ospedale Vittorio Emanuele, si trovano i resti del complesso delle Terme Ellenistiche (IV secolo a.C.), l'impianto termale più antico finora scoperto in Italia. Questo era composto da una quarantina di vasche ed era dotato di un sofisticato impianto di riscaldamento sotterraneo e di scarico delle acque. Le terme andarono probabilmente distrutte in un incendio durante la distruzione della città nel 282 a.C.

   Nella parte opposta della città, in località Molino a Vento e adiacente alla sede del Museo Archeologico, si estendono gli scavi dell'Acropoli arcaica. La parte scavata rappresenta solo una minima porzione della città arcaica, estesa tra la foce del Gela e il vallone Pasqualello. Dalla passeggiata archeologica si ammirano verso nord ruderi di case, sacelli, botteghe e mura, con chiare tracce del sistema viario ippodameo (con la plateia e gli stenopoi).

   Verso nord si estendeva la zona sacra: oggi sono visibili solamente i basamenti di tre templi. Del più grande, il tempio C o Athenaion, è rimasta in piedi una colonna in stile dorico (alta quasi 8 m) che è uno dei simboli cittadini. A sud dell'Acropoli, all'interno del Bosco Littorio, è stato rimesso in luce e restaurato recentemente il complesso dell'Emporio Greco Arcaico (VII-VI secolo a.C.). Molto esteso e collocato nei pressi del sito portuale (foce del Gela), l'Emporio cittadino comprendeva officine, magazzini e botteghe. Anche in quest'ultimo monumento è riscontrabile la particolare tecnica costruttiva a mattoni crudi. Numerosi altri siti sono chiusi al pubblico ma molto interessanti per lo storico e l'archeologo; tra questi si ricordano: il Tesmophorion di contrada Betlemme; il quartiere residenziale ellenistico della Stazione vecchia; i quartieri ellenistici di Capo Soprano (via Meli); la necropoli di Piano Notaro; il santuario di via Istria; la necropoli di Mànfria; la grandiosa villa ellenistica di via Romagnoli (predio Iacona). Gli scavi continuano anche all'interno dei tre siti archeologici aperti.

   Tra le ultime scoperte nel territorio gelese si segnalano: il completamento del recupero del relitto greco più antico (500 a.C.) che dopo il restauro a Portsmouth verrà esposto nel Museo della Navigazione Greca di Gela, unico nel suo genere; la scoperta delle fondazioni di altri due templi greci: il primo, molto grande, accanto alle cripte della Chiesa Madre; il secondo nei pressi del nuovo parcheggio multipiano di via Istria. Nei primi sei mesi del 2009 altre importanti scoperte nel territorio gelese hanno riempito le prime pagine dei quotidiani nazionali: una quarta imbarcazione antica in prossimità della foce del Dirillo, un sito archeologico sottomarino davanti alla costa di contrada Bulala e altri reperti che sono venuti alla luce davanti alle coste di Montelungo durante dei lavori di pulizia dei fondali; una villa monumentale di epoca ellenistica sul promontorio di Capo Soprano con panorama sul golfo; una Necropoli greco-arcaica del VII-VI secolo a.C. in Piazza Cappuccini dalla quale sono stati recuperati diversi scheletri e reperti.

   Necropoli della Cultura di Castelluccio sono presenti nel gelese a Manfria, Milingiana, Priorato, a Gela nei quartieri Molino a Vento e Borgo, nei pressi della diga del Disueri, a Lavanca Nera, Priolo e a Sabbuci tra i fiumi Gela e Dirillo. Necropoli e insediamenti dell'età del rame a Piano Notaro, e Settefarine con ceramiche dello stile di Sant'Ippolito.

   Siti naturali

   Il lago Biviere di Gela situato tra dune ricoperte di macchia mediterranea, con il suo micro-clima eccezionale della fascia costiera, consente a milioni di volatili che si spostano nelle migrazioni tra il continente africano e quello europeo di trovare, durante il loro lungo viaggio, dei luoghi in cui possano riposarsi trovando al contempo cibo e acqua a sufficienza. La Convenzione di Ramsar ha dichiarato per tale motivo il Lago Biviere di Gela sito di interesse comunitario e nel 1997 la LIPU, per tutelare questo eccezionale patrimonio naturale, ha istituito la Riserva naturale orientata Biviere di Gela.

   In questo sito, piccolo ma importante, sono state registrate ben oltre 200 specie diverse di volatili, molte delle quali in via di estinzione, nonché numerose specie vegetali molto rare. Stretto e lungo, il lago Biviere si dispone parallelamente alla costa sabbiosa ed è separato da questa da una fascia di dune ricoperte di macchia mediterranea. È alimentato dal torrente Valletorta Monacella e, attraverso uno sbarramento mobile, dal fiume Dirillo che permette nel suo tratto finale, quando rimane asciutto, l'ingresso di acqua marina nel lago. Piccole formazioni lacustri si formano alla foce di altri torrenti che sfociano nel Golfo di Gela come il Comunelli e il Rabbìto: anche in questi siti molti volatili trovano ristoro. Accanto alla foce del Rabbito si trova la collinetta Poggio Arena interamente ricoperta di vegetazione che costituisce un vero e proprio paradiso per volatili, insetti e altri tipi di animali. La collina di Manfria, a poca distanza dalla foce del Comunelli, invece, costituisce un sito dalle peculiari caratteristiche climatiche e geo-morfologiche; nel 2007 il Dipartimento di Botanica dell'Università degli Studi di Catania vi ha scoperto una nuova specie vegetale non riscontrabile in nessuna altra parte del pianeta e altre specie rarissime.

   Altra zona interessante sono gli acquitrini di Piana del Signore, a nord della Strada statale 115 per Vittoria. Questi si formano durante la stagione delle piogge e costituiscono un importante zona non solo per la sosta di volatili ma soprattutto perché costituiscono un vero e proprio nido per vari tipi di insetti e anfibi. Lungo la costa gelese sono da notare i cosiddetti “macconi”, cioè le dune di sabbia. Queste, alte sino a circa 5 metri e sempre più rare, sono ricoperte dalla tipica vegetazione appartenente alla macchia mediterranea. Di particolare bellezza alcune piante che producono dei fiori veramente belli di varie tonalità (fucsia, viola, bianco) a dispetto dell'ambiente arido e salmastro.

   Paesaggio

   Il paesaggio di Gela ha subìto forti trasformazioni, e non in positivo, in seguito alla disordinata e abusiva espansione a nord e all'installazione della enorme distesa di impianti e ciminiere del petrolchimico, ma è rimasto ben molto del suo caratteristico paesaggio mediterraneo. Prima che la città si espandesse verso nord, dai due belvedere cittadini di piazza Mercato e del Parco delle Rimembranze era possibile ammirare gli estesi Campi Geloi intensamente coltivati, soprattutto, a grano e cotone contornati dal profilo dei monti su cui insistono Butera e Niscemi. Tale panorama è oggi godibile solo dalle zone più elevate della città (Piano Notaro). Il panorama gelese che più colpisce per la sua bellezza è quello costiero soprattutto al tramonto descritto da un poeta con queste parole: "una palla di fuoco che coi suoi infiniti raggi fa splendere le onde spumeggianti del golfo, dipinge d'arancio ogni contrada apprestandosi a svanire infondendo calma e meraviglia col misterioso fascino della natura".

   La costa è caratterizzata da ambienti diversi, a volte stridenti fra loro; procedendo da est verso ovest si incontrano un grande stagno circondato da canneti e protetto da una fascia di dune che precedono la spiaggia seguito dall'enorme sito industriale del Petrolchimico che preclude alle attività turistiche un lungo tratto di fascia costiera. Di seguito si incontra la foce del fiume Gela e da un boschetto di eucalipto che nasconde la città, grande e urbanisticamente compatta, le cui case si allontanano dalla battigia proseguendo verso il porticciolo. Da qui in poi la costa ritorna selvaggia e ricca di dune naturali, attraversata da un Lungomare con alle spalle il parco archeologico di Capo Soprano, un altro boschetto di eucalipto e poi il moderno e verdeggiante quartiere residenziale di Macchitella. Segue la collina gemella di Montelungo con le sue alte pareti argillose che sovrastano una sottile lingua di sabbia quindi scende sino alla pianura sottostante con la laguna del torrente Rabbito e l'adiacente collinetta di Poggio dell'Arena ricca di vegetazione. Poi Roccazzelle, con tante case oltre la spiaggia, e la collina di Manfria con la torre circondata da terreni riarsi dal sole. Oltre la collina, ancora pianura con case sparse e infine il confine comunale segnato dalla foce del Comunelli.

   Musei

   Gela è sede di uno tra i più importanti Musei Archeologici Regionale. Il museo concerne l'arte greca, quella preistorica, la ceramica normanna (“tipo Gela”) e la numismatica antica. Esso ha sede in un edificio in stile razionalista del 1958, sito in corso Vittorio Emanuele 1, ampliato nel corso dei decenni.

   Vi sono custoditi numerosi reperti, tra i quali si segnalano: le antefisse di Sileno e di Gorgone, le ceramiche della collezione Navarra, i reperti recuperati nelle tre navi greche affondate sulla costa gelese nel V secolo a.C., i reperti scoperti nelle necropoli preistoriche e greche di Gela ed hinterland, le due arule fittili scoperte a Bosco Littorio e le circa 1000 monete che costituiscono il più ricco Monetiere del mondo greco occidentale.

   In attesa del ritorno della prima nave greca di Gela, dal 2003 in Inghilterra per un complesso lavoro di restauro, è in corso di realizzazione a Bosco Littorio il Museo della Navigazione Antica che esporrà in maniera adeguata le tre navi greche gelesi, importantissimi esemplari al mondo per datazione, dimensioni, tecnica costruttiva e per l'eccezionale stato di conservazione. Il Golfo di Gela è ancora pieno di relitti antichi dati gli intensi traffici commerciali e le grandi battaglie dell'antichità.

   Recentemente è stato inaugurato presso la Riserva naturale orientata del Lago Biviere di Gela il nuovo Museo Naturalistico presso l'antico Casale Pignatelli (XVI secolo). Esso è dotato di moderni apparati didascalici nonché didattici, inclusa una Biblioteca, e spazi polifunzionali.

 

 
 
 
 

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                 by Rosario Rigano