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   Localizzazione Val Demone Demona o Demenna

 

  Esteso a coprire quasi per intero l'attuale Provincia di Messina e l'areale del Monte Etna, il Vallo era un cuneo proteso sul mare, la cui punta, insinuata tra i mari Tirreno e Ionio, chiude nello Stretto di Messina. Nel corso della prima metà del XIII secolo comprenderà la porzione del Regno « da Messina per lo stretto sino a Cefalù, e, per via di terra, furono confini Pollina, Castelbuono, Gerace, Nicosia, Troina, e costeggiando il Mongibello, Carboni, Motta, Taormina, Limina, fiume di Nisi e tutto il paese giacente sul mare in sino a Messina. » Tale perimetro viene a cambiare nel corso dei secoli: l'annessione del Vallo di Castrogiovanni (corrispondente circa all'attuale Provincia di Enna) estese i confini fino ai territori controllati dalla città Piazza; la posizione di Catania invece non fu mai definitiva, essendo detta città a cavallo tra il Val Demone e il Val di Noto. La linea di confine fu talora il fiume Dittaino o il Simeto, talora il fiume Amenano o il Longane. Nell'ultimo caso Catania, solitamente considerata la punta meridionale del triangolo ipotetico del Vallo, era annessa invece al Vallo di Noto e pertanto capitava che fosse inserita nell'uno o l'altro vallo a seconda del tracciato amministrativo relativo alla riforma del momento.

Cenni storici

L'esistenza dell'abitato è accertato dalla testimonianza di numerose fonti storiche. L'origine bizantina di Demenna è assicurata dagli scrittori arabi che narrano della conquista della Sicilia. Si apprende che il castello di Demenna sia sopravvissuto anche alla conquista normanna, poiché di esso si parla almeno in un diploma di Ruggero I. Fra gli storici arabi, il più accreditato, perché più vicino ai fatti narrati, è Ibn al Atir, il quale ricorda di Demenna in occasione delle imprese militari di Ibrahim, condottiero musulmano che espugnò Taormina nel 902 d.C. In quest'occasione, infatti, il comandante decise di sferrare un colpo decisivo alle forze bizantine conquistando anche le vicine fortezze di Miqus e Demenna, entrambe già sgomberate. Demona / Demenna, dunque, rientrava nel novero dei kastra bizantini, fondamentali per il controllo territoriale della Sicilia nord/orientale, ultimo baluardo greco sull'isola. Ibrahim. così come ricorda Ibn al Atir, aveva assediato Demenna già l'anno prima, utilizzando, particolare interessante, dei mangani, cioè macchine d'assedio, testimoniando la tenacia delle fortificazioni del kastron bizantino.

Ma la storia di Demenna pare non finisca qui. Tra il 910 e il 911, la fortezza ebbe a patire un nuovo assalto per mano di un altro condottiero musulmano, Ibn 'abi Hinzir. Costui arse il territorio circostante e mosse nuovamente verso Palermo. L'episodio è interessante, perché dimostra la sopravvivenza del sito successivamente alla conquista di Ibrahim. Una sopravvivenza in piena efficienza difensiva, sia che fosse occupato da musulmani, sia che venisse reinsediato dai bizantini dopo l'abbandono. Demenna fu spettatrice più o meno diretta anche della caduta di Rometta, nel 963/4 d.C. Al fine di difendere l'ultimo baluardo bizantino di Sicilia, l'imperatore inviò sull'isola un numeroso esercito composto in buona parte di mercenari normanni. I musulmani, al comando di ibn Ammar, si prepararono a fronteggiare il nemico, celando la resistenza tra due gole, una presso Miqus, l'altra presso Dimnas, nome restituito dall'Amari in Demenna. Questa menzione potrebbe testimoniare la relativa vicinanza tra le due antiche fortezze bizantine, prossimità che si poteva già dedurre dalla velocità con la quale vennero i due siti raggiunti dai soldati di Ibrahim nel 902 d.C. Inoltre, il fatto che si ricordi una gola dal toponimo "Demenna" e non più un abitato forte, farebbe propendere per l'ipotesi del definitivo abbandono dell'abitato di Demona già prima della caduta di Rometta del 964 d.C. e certamente dopo il 910/911 d.C.

Le successive testimonianze sono generalmente toponomastiche e non più afferenti al kastron bizantino. Apparentemente un'eccezione è una testimonianza di fine del X secolo, l'agiografia di San Luca, che definisce il santo «siciliano di Demena», senza chiarire la reale consistenza del luogo di origine. Malaterra, alla fine dell'XI sec. d.C., ricorda lo sbarco di Ruggero in Sicilia nel 1060, affermando: «Hic Christiani in valle Deminas manentes, sub Saracenis tributarii erant...». La scomparsa dell'abitato sembrerebbe evincersi da un diploma del 1082, nel quale Ruggero I concede al vescovo di Troina: «...in valle Deminae castrum quod vocatur Achareth...». Al 1084 e al 1093 risalgono due diplomi in favore di un monastero di Sant'Angelo «de Lisico Tondemenon de valle Daemanae».

Altri, successivi, documenti ricordano Demona facente parte della diocesi di Messina senza chiarire del tutto se il toponimo faccia riferimento ad un abitato o ad un semplice vallata, gola, pianura, così come in un diploma del 1096: «... Usque ad Tauromenium, et respondet ad Messanam, et vadit usque ad MElacium, et respondet ad Demannam, et inde vadit per maritimam usque ad Flumen Tortum, et ascendit per flumen ecc.". Successivamente, il medesimo documento ricorda il "castellum Alcariae apud Demennam». Nel 1097, un diploma del conte Ruggero dona beni mobili e immobili al monastero basiliano di S. Filippo detto di Demona. La medesima dicitura permane in successivi diplomi, fra i quali uno del 1124 per volontà di Ruggero II. L'antico monastero di S. Filippo non era l'unico sorto nei pressi di Demenna. Due documenti, uno emanato dal vescovo di Messina nel 1131, l'altro da Ruggero II nel 1134, ricordano l'abbazia di Sanctum Barbarum in Demeno.

Alla metà del secolo XII la più importante testimonianza su Demona rimane quella di Edrisi, il quale ricorda come nei pressi di Caronia cominciasse la provincia di Dimnasc. L'autore non parla di alcun castello o città di Demennai.

Descrizione architettonica e topografica

Nonostante le fonti storiche siano numerose e longeve, ad oggi non è stato con certezza identificato il sito ove un tempo si ergeva Demona/Demenna. Già alla fine del XIX si ipotizzava l'esistenza di una Demenna castello/kastron entro e non oltre il decimo secolo d.C. Questa ipotesi è possibile sostenerla ancor oggi, poiché i diplomi normanni, dall'XI al XII secolo, non ricordano più alcun insediamento e in essi il toponimo Demenna appare legato ad una provincia, così come Edrisi dichiara. Non è necessario ritenere che il kastron di Demenna sia scomparso già prima o durante l'arrivo dei Normanni nell'isola. Si può anche pensare che l'abitato abbia mutato nome. Tuttavia le scarne indicazioni topografiche riportate dagli storici arabi aiutano a pensare che Demenna si trovasse ad occidente di Rometta, forse 7/8 km di distanza, più o meno nei pressi dell'attuale abitato di Monforte, castello ricordato da Edrisi e forse sorto poco dopo la conquista normanna.

L'abitato di Monforte è arroccato lungo i Peloritani settentrionali e la rocca che sovrasta il paese è luogo ideale per la costruzione di un ridotto fortificato. Gli storici arabi ricordavano Demenna come castello non lontano dal mare, ciò sarebbe da intendersi come luogo dal quale era possibile osservare il mare. Il sito di Monforte risponderebbe a questa caratteristica, poiché, alla stessa maniera di Rometta, dalla sommità del paese è possibile tenere sotto controllo la costa, che si trova a circa 8 km di distanza in direzione nord. Purtroppo non esistono ulteriori prove utili a confermare che l'attuale abitato di Monforte sarebbe ciò che rimane dell'antica Demenna. Al contrario l'identificazione risulta incerta nel momento in cui si riflette sul fatto che ai giorni nostri il toponimo "Demenna" rimane legato solo all'antico monastero di S. Filippo di Demenna o Fragalà, che trova posto circa 60 km. ad ovest di Monforte S. Giorgio. Che il toponimo si sia conservato all'interno della memoria di un monastero basiliano altrettanto antico, anzi fra i più antichi di Sicilia, è un dato importante che non deve essere trascurato. Sarebbe, forse, più coerente ricercare l'antica Demenna proprio in un'area prossima a quella del S. Filippo, poco a sud del quale (quasi 4 km.) trovano luogo le famose "Rocche del Crasto", palesemente una deformazione di un antico toponimo greco, "Kastron". Si tratta di un'ampia conformazione rocciosa, piatta sulla sommità, difesa da bastioni naturali e sulla quale oggi si osservano resti di mura afferenti ad una possibile fortezza, la cui datazione risulta incerta. Di questa ampia rocca si ha menzione presso Tommaso Fazello, il quale sostenne che qui vi fossero i ruderi dell'antica città sicana di Krastos.

 Storici locali già nel settecento ritenevano che gli attuali abitati di Alcara e Longi fossero fondazione degli sfollati provenienti da questo abitato d'altura, devastato dai saraceni intorno alla metà del IX sec. d.C.. Informazioni certamente utili che potrebbero identificare Rocche del Crasto come il sito dell'antica Demenna, il cui passato andrebbe oltre la dominazione bizantina fino al periodo preistorico siciliano, di cui i Nebrodi offrono numerose testimonianze. Rimane un'ultima ipotesi da tenere in considerazione, la possibilità che l'antica Demenna sorgesse sul pianoro che giace ai piedi della Rocca Salvatesta o Rocca Novara, circa un km. a sud di Novara di Sicilia. Si tratta di un enorme affioramento di roccia isolata nei Peloritani, conformazione unica in tutta la Sicilia. Ai piedi di essa un piccolo altipiano, accessibile solo da sud-est. Qui si possono osservare ruderi forse afferenti ad un antico abitato, che tradizione locale vuole abitato da bizantini, i quali abbandonarono il sito al sopraggiungere dei musulmani. Anche da questo luogo si ha una chiara visione della costa (in giornate limpide si ha una perfetta visione delle isole Eolie), buone possibilità di approvvigionamento idrico, vista la ricchezza di fonti nei d'intorni. Inoltre è possibile che sulla punta di questo enorme affioramento roccioso sorgesse anche un piccolo ridotto fortificato, forse una torre d'osservazione. La Rocca Salvatesta, con la limitrofa "Rocca Leone", è un tratto distintivo di tutta la Sicilia nord-orientale, un elemento inconfondibile del paesaggio montano di questo angolo di Trinacria. Forse proprio qui nacque Demenna, in questo luogo fra i più strategici mai osservati nell'isola.

I siti possibili

Ricapitolando, tre sono i luoghi oggi accreditati, i quali potrebbero aver ospitato in passato l'antico insediamento fortificato di Demenna:

Monforte S. Giorgio: abitato attualmente esistente, arroccato su di un aspro colle ad ovest di Rometta. L'Amari ne propone l'identificazione.

Rocche del Crasto: brulla conformazione rocciosa ad ovest di Longi e Galati Mamertino. Le Rocche, in verità, offrono poco spazio favorevole alla formazione di un esteso abitato. La costruzione di un ridotto fortificato trae, invece, vantaggio dalla presenza di numerosi bastioni naturali.

Rocca Salvatesta: altipiano caratterizzato da un enorme sperone di roccia, circa 1.5 km a sud di Novara di Sicilia. Fonti naturali d'acqua, la relativa ampiezza del pianoro, la posizione altamente strategica del luogo, fanno della Salvatesta un luogo ideale dove costruire un abitato fortificato.

Note e Bibliografia

1 Ibn Al Atir, Manoscritto A, tomo II, f. 92 e 167 v.; ancora manoscritto C, tomo IV, f. 246 v.; infine manoscritto di Bibars, ove il nome di Demenna si legge correttamente.
2 L'assedio durò per ben diciassette giorni.
3 Nowairi, in Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 16. Si indica solo il toponimo geografico relativo alla gola, nessuna menzione di abitato.
4 Gaetani, Vitae Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 96.
5 Caruso, Bibliotheca Historica, tomo I, p. 181; Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo V, pp. 539 ss.
6 R. Pirro, Sicilia Sacra, p. 495.
7 Pirro, Sicilia Sacra cit., p. 1021.
8 Pirro, Sicilia Sacra cit., p. 383.
9 N. Buscemi, Giornale Ecclesiastico per la Sicilia, tomo I, pp. 113 ss.

10 Pirro, Sicilia Sacra cit., p. 1027.

11 Pirro, Sicilia Sacra cit., pp. 974-975.

12 Tale è l'opinione di M. Amari, Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I, tomo I, pp. 468 ss.

13 Tommaso Fazello, Storia di Sicilia, deche due. L'autore accenna alla contrada S. Fantino. Attualmente, non è accettata l'ipotesi di identificare Rocche del Crasto con l'antica Krastos.

14 L'ipotesi sembra formulata da A. Surdi, sacerdote di Alcara Li Fusi nel XVIII secolo.

by Rosario Rigano

 
 
 
 

  

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