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   Riassunto di una breve passeggiata “peri peri”.

   Prendo atto di una generale “Abbanniata” di “corsi di siciliano”. È un pullulare, “peri peri”, di proposte per studiare il siciliano. Mi chiedo: “Quale siciliano, se in Sicilia possiamo vantare almeno 90 parlate diverse, dove una sola parola non è uguale tra moltissimi altri comuni. Mi ha detto un ragazzino, “tuttu priatu”, che probabilmente aveva “caliato” la scuola, sai studierò il siciliano; gli ho detto, ripeti con me: “trispiti (con la R cerebrale)” e lui: “tirispiti”. Vaben, “livamici manu”. Poi gli ho detto: ju vaiu ammeri o’ ntrizzu, ci veni?”. Mi ha detto cosa fa lei? Complicato spiegargli che ammeri è una parola sanscrita che significa “verso lì o verso là”. Che “u ntrizzu” è un posto acese dove si intrecciavano più strade, nella parlata antica. Che “priatu” è una parola sanscrita, come “abbanniari”, “caliari”, “prescia” e “peri peri”. Il siciliano ha conservato per millenni, parole appartenenti al proto-sanscrito, al sanscrito, (riscontrabili anche nell’etrusco) e probabilmente all’hindi e tamil; che poi nel tempo abbia assorbito parole emerse dalle varie dominazioni avvenute dopo il mille d.C. è irrilevante. Questo è uno dei motivi per cui l’Unesco ha riconosciuto l’idioma siciliano come una lingua madre ed in pericolo di estinzione. Il siciliano figura con n° ISO 639-3 scn nell’Atlas of the world Languages in danger. Nei prossimi aggiornamenti, ma senza ”prescia”. amplieremo la conoscenza di altri vocaboli. Amplissima disamina nel mio libro appena pubblicato “Origini ed evoluzioni di una lingua madre - l’idioma siciliano”. Edito da Associazione Culturale editrice “Accademia di Arti e Culture”. Con tutte queste proposte mi verrebbe da pensae “semu nda sudda”, ci vogliono “addiccari” ma senza “taliari” le vere ed antichissime origini dell’idioma siciliano. Anche queste tre ultime parole sottolineate, come le altre a seguire, sono sanscrite. Nella veneranda lingua sanscrita troviamo la parola “catu - catula” che corrisponde alle parole lusinghiero, dolce, gentile. In lingua etrusca si evince la stessa glossa con lo stesso significato; anche in etrusco, come nel siciliano si pronuncia sempre CIA-TU. Da cui “figghiu ciatu”

   N.b.: le parole virgolettate e sottolineate sono alcune di una lunga sfilza di parole che usiamo nella parlata quotidiana e sono di orgine sanscrita e ricorrenti persino nell’etrusco. P.s.: Assaloku, talia chi sbaddu ca avi chistu.

   Cose che si imparano studiando la preistoria. Con buona pace dell’arsessore regionale.  Rosario Rigano     

 

 

 
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gennaio - marzo 2023

 

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