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Idioma siciliano: Origini ed evoluzioni di una lingua
madre. I contenuti di questo libro possono essere applicati nelle varie fasi
dell’insegnamento che riguarda geografia, storia, cultura popolare e lettere,
almeno in Sicilia. È un libro manuale che indaga nella preistoria per ricomporre
origine, composizione, formazione ed evoluzione della lingua siciliana, dall’Unesco
riconosciuta come lingua madre per la ricchezza dei contenuti e per le sue
antichissime origini. Qui vengono analizzati, oltre che le antichissime origini
di questa meravigliosa miscellanea di parlate, dialetti, lingue dai contenuti
straordinariamente culturali, anche il rapporto con tutte le culture che in
Sicilia si sono avvicendate, anche la formazione del siciliano medio; le
evoluzioni evidenziate tra i parlanti delle aree costiere e i parlanti delle
zone interne, aree rurali o montane. C’è un approfondimento riguardante
l’eventuale impatto nelle scuole, la sicilianizzazione della lingua italiana, le
parole (poche) adottate e sicilianizzate definite gallicismi, le inflessioni dal
catalano, dallo spagnolo, dal latino restituto e dal greco arcaico. È con
assoluta semplicità che ho potuto esporre una miriade di parole, concetti e
culture appartenenti alla veneranda lingua sanscrita, all’hindi, al tamil e al
grande gruppo delle dravidiche. Ciò prova che i nostri antenati Sikani e Siculi
provenivano da aree indoiraniche, che nel loro lunghissimo percorso hanno
attraversato ben 16 odierne nazioni arricchendo e dispensando il loro enorme
bagaglio culturale in parte condiviso, strada facendo, anche con gli Etruschi.
Altri approfondimenti illustrano perché è importante la più ampia spiegazione di
una lingua madre, un dialetto e di tutte le componenti culturali che essi
contengono anche per una questione di rapporti umani ed integrazione sociale. Il
siciliano non può essere ritenuto un’appendice della lingua italiana e neanche
una lingua regionale italiana. È impensabile che il popolo siciliano, in origine
sikano, poi siculo, a seguire siciliota e poi finalmente siciliano, dopo un
peregrinare culturale durato almeno 5000 anni di cui 2500 da parlante sanscrito,
abbia potuto dimenticare la sua lingua e culture di origine.
N.b.: Le
analisi proposte, in maniera dettagliata, spiegano cosa può essere avvenuto
nella modifica di parole tra una parte e l’altra del territorio. Quale “agente”
culturale sia intervenuto ed ha prevalso nell’una e nell’altra parte e perché.
Come possa aver influito una cadenza gallica (peraltro inutile),
catalana-spagnola, araba o greco-latina, nell’originario termine certamente
sanscrito, perché di questo si tratta, più che di sicilianizzazione della lingua
italiana assolutamente più recente e di migliaia di anni. Il metodo utilizzato,
tiene anche conto delle varie trasmissioni verbali, mai scritte riguardo il
siciliano, in cui parole composte o che contengono consonanti labiali come B e
V, interscambiabili tra loro, di difficile distinzione per le genti del tempo
anche perché avevano adottato un alfabeto a loro sconosciuto, e quindi possono,
come sicuramente lo è stato, aver subito variazioni comunicative tra una zona e
l’altra di territori relativamente vicini. Tutto questo a causa della
trasmissione verbale. È la preistoria che ci fornisce una corretta lettura della
storia e non viceversa.
Gli studi del
gesuita missio-nario e linguista francese Gaston Laurent Coeurdoux (1691-1779)
evidenziarono numerose parole ed elementi culturali sanscriti nel latino, greco,
francese, inglese, tedesco, russo, confermando il sanscrito come lingua
“ispiratrice” delle indoeuropee. A seguire Filippo Sassetti (1540-1588)
riscontrò similitudini tra sanscrito e italiano. Sir William Jones (1746- 1794)
ne trovò nel francese, inglese, tedesco, persiano e celtico. Tutte lingue nate e
formatisi dopo gli eventi della Sicilia preistorica. Piero Bernardini Marzolla
(1929-2019) ha tradotto moltissime parole etrusche grazie al sanscrito. -.
Rosario Rigano
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