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Dalla
preistoria e protostoria della Sicilia c'é tanto da
imparare |
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Valore
sociale, educativo, formativo ed esperienziale delle conoscenze preistoriche,
protostoriche dei luoghi in cui viviamo. Dalla preistoria e protostoria della
Sicilia c’è tanto da imparare. Ma questa scuola è sostanzialmente un parcheggio
stile drive-in.
Questa
scuola ha di bisogno di un colossale piano Marshall; in primo luogo occorre
rivedere i libri di testo delle elementari in particolare terza quarta e quinta
e di conseguenza le medie dove la Sicilia è ancora raccontata come provincia
romana, per i carretti siciliani, l’Etna e le arance. I test invalsi parlano
chiaro. Riequilibrare il piano formativo delle medie superiori introducendo una
più equilibrata lettura di preistoria e protostoria della Sicilia. Ricordo che
grazie al mito, i greci predatavano la loro presenza sui territori siciliani per
legittimarne il possesso quindi la proprietà defraudando i legittimi proprietari
anche con la pratica dell’usura e dello schiavismo (i romani aggiunsero
schiavitù ed esproprio).
Spiegatemi perché i giovani studenti debbano esclusivamente studiare ed
apprezzare le malefatte dei loro carnefici. Aggiornamento costante e
obbligatorio degli insegnanti di questa scuola ormai declinata al femminile e di
sinistra, sulla scorta delle nuove scoperte, interpretazioni e valutazioni
scientifiche, archeologiche, geologiche, glottologiche, linguistiche e genetiche
e dell’effetto culturale sui giovani studenti. Stop al mattone indigesto
dell’esasperazione ellenista da parte di gente che sa tutto, anche i più banali
pettegolezzi, sulle facies delle tribù greche e non conosce nulla della fase
preistorica e protostorica del territorio in cui pretende di insegnare.
(d’altronde è risaputo che chi sa fa e chi non sa insegna). Porto ad esempio un
libro capitatomi tra le mani, imposto a studenti di liceo classico è Mytos:
dizionario mitologico e di antichità classiche € 18,05 (una sorta di cortile
ellenista) per la gioia ed “affari” dell’editore, del rappresentante e
dell’insegnante. Senza contare altri quintali di carta stampata in forma di
libri, inclusi cd, mai utilizzati. Questi ragazzi dovrebbero così sapere tutto
ciò che non c’è più o che non c’è mai stato nel loro territorio natio dal punto
di vista ellenistico e niente di ciò che realmente c’era o ancora c’è nella
cultura e nel sottosuolo.
La
scuola deve essere laica, mantenere equa distanza culturale da ciò che può
orientare, indottrinare o disorientare i ragazzi nel loro processo evolutivo,
formativo dal punto di vista religioso, cioè lasciare alle loro intimità e
riservatezza dell’ambito famigliare il proprio credo; (ho trovato aberrante che
un’insegnante abbia detto ai ragazzi in forma di domanda confermativa: “siamo
tutti battezzati vero?”) nell’ambito sociale cioè senza affrontare i problemi
che potrebbero sorgere nella disamina sociale di casi portati alla ribalta dai
media (prezzolati) ma lasciando ad ambiti famigliari fino ai temi politici e
sindacali di cui quasi tutti gli insegnanti sono portatori per loro ragioni di
opportunità e ritorno.
Questa
scuola non è solo arretrata e parlo a livello nazionale, ma sostanzialmente
sbagliata nel modello istruttivo, educativo, e formativo; la scuola deve
garantire un’educazione generale non educare a…
Ogni insegnante presta servizio pubblico pagato con i soldi dei contribuenti e
garantiti dallo stato che è laico per definizione; egli deve garantire
imparzialità anche nelle pagine social cui ogni studente, inevitabilmente andrà
a curiosare e magari per arrendevolezza appiattirsi, per ingraziarsi, quell’insegnante.
Gli insegnanti non possono esprimere orientamenti politici, religiosi e sessuali
nelle loro pagine pubbliche. Questo è un problema serio che và affrontato in
modo capillare. Specie nei licei.
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Dire che mi sono inerpicato lungo i ripidi pendii dello
scibile umano è dire poco sebbene altre locuzioni non riescano ad esprimere lo
stesso grado di peripezie culturali, d’impegno e di studio.
Nel corso delle mie ricerche ho avuto modo di apprezzare un grande lavoro dove
studi e ricostruzioni evidenziano che le città del Mediterraneo erano il luogo
di sosta dei viaggiatori della Rotta dei Fenici, usata per scambiare manufatti,
conoscenze ed esperienze. In questo senso l’esperienza di viaggio lungo la Rotta
dei Fenici punta a mostrare al viaggiatore i nostri comuni percorsi, collegando
paesi di tre continenti e oltre 100 città che hanno avuto origine dalle antiche
civiltà del Mediterraneo. Queste le odierne nazioni interessate per questa
rotta. Albania, Belgio, Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Libano, Malta,
Spagna, Tunisia, Slovenia, Ukraine.
Ma io
ho avuto la possibilità di ricostruire una rotta ancora più antica e sicuramente
più complessa oltre che più estesa, veramente internazionale. Non una sola rotta
ma diremo “Le rotte dei Sikani, degli Elimi, dei Siculi e degli Etruschi;
quattro grandi culture, conoscenze e civiltà che hanno dato vita a tantissime
città in Europa, in Italia e in Sicilia. Inizia tutto dall’India già nel 6500
a.C. e nel corso dei millenni, fino al 1270 a.C. quando toccano la Sicilia.
Questi popoli hanno attraversato ben 14 odierne nazioni e precisamente: India,
Iran, Iraq, Siria, Turchia (Mezzaluna Fertile - Mesopotamia), Bulgaria, Grecia,
Egitto, Romania, Albania, Serbia, Bosnia, Dalmazia e Italia. Da quelle parti del
mondo sono giunte in Sicilia arti, culture, saperi, esperienze, tecniche,
conoscenze, riti, devozioni ma non religioni perché le odierne religioni nella
preistoria non esistevano, si percepivano credenze che non erano determinanti
negli spostamenti delle tribù.
Da
notare che secondo le ricostruzioni ad oggi verificate, questi popoli hanno
percorso la rotta dei Monsoni tremila anni prima dei romani e tutto questo porta
in Sicilia, nella fascia ionica e specificatamente i Siculi a Capomulini.
Rosario
Rigano
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